Nel cuore di Alberobello, tra i trulli che raccontano storie di pietra e vento, vive l'ultimo calzolaio di una stirpe antica. Le sue mani, forti e precise, portano il segno di chi ha scelto di continuare un mestiere che non si eredita solo nel sangue, ma nell'anima.
I suoi avi, calzolai anch'essi, lavoravano alla luce fioca di una lampada a olio, tra martelli, forme di legno e pelli odorose. Ogni cucitura era un atto d'amore, ogni scarpa un piccolo monumento alla dignità del lavoro. Non avevano macchine, né software, né tutorial online. Avevano occhi attenti, mani esperte e una volontà incrollabile.
Oggi, lui lavora con scanner 3D, tagli laser e materiali sostenibili. Ma il gesto è lo stesso. La cura è la stessa. L’orgoglio, identico. Cambiano gli strumenti, non l’intenzione. Ogni giorno si alza con la voglia di fare meglio. Non per superare i suoi avi, ma per onorarli. Perché sa che la bravura non sta solo nel sapere, ma nel voler imparare ancora. E la volontà non è solo resistenza, ma desiderio di evoluzione.
Nel suo laboratorio convivono il passato e il futuro. Una forma di legno del bisnonno accanto a un tablet. Un paio di scarpe cucite a mano accanto a un prototipo stampato in 3D. E in mezzo, lui: ponte tra generazioni, custode di un sapere che cammina, passo dopo passo, verso l’eccellenza.